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La Costituzione degli alberi

Condividiamo il contributo che Quirino Camerlengo, anche grazie alla preziosa collaborazione con l’Associazione Salviamo la Costituzione, ha generosamente messo a disposizione per la nuova antologia Bill: Arboreti di carta e alberi per la vita.

Buona lettura!

Mi piacerebbe che il nostro Parlamento riscrivesse così il primo articolo della Costituzione: «L’Italia è una repubblica democratica fondata sulla natura. La sovranità appartiene agli alberi, che la esercitano nelle forme e nei limiti del nostro Pianeta».

Perché, poi, non cambiare anche l’art. 2? «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili degli alberi, sia come singoli sia nei luoghi in cui si sviluppano, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di protezione dell’ecosistema».

E già che ci siamo una bella revisione dell’art. 3: «Tutti gli alberi hanno pari dignità naturale e sono eguali davanti all’umanità senza distinzione di chioma, di radici, di corteccia, di fiori e di frutti». Con la doverosa precisazione che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che l’uomo frappone al pieno sviluppo degli alberi e alla loro effettiva partecipazione al ciclo vitale».

Poi riapro gli occhi e mi rendo conto che, per mettere mano alla nostra Costituzione, ci sarebbe bisogno di un radicale rovesciamento di prospettiva nel guardare al potere. A quel potere esercitato innanzitutto dal Parlamento.

Oggi il potere si basa sulla sovranità del popolo. Ma il popolo lo ha esercitato male, sostenendo parlamenti e governi che non hanno fatto abbastanza per proteggere la natura, a cominciare dai nostri amati alberi. L’uomo, che di quel popolo fa parte, si è comportato da vero e proprio predatore, che ha usato la natura per soddisfare i propri egoistici bisogni, persino desideri inutili e superflui. Murray Bookchin, un libero pensatore che da anni combatte una estenuante battaglia ecologista, ci ammonisce osservando che «La società attuale sta danneggiando il pianeta a livelli tali da superare le sue capacità di auto-risanamento. Ci stiamo sempre più avvicinando al momento in cui il pianeta non sarà più in grado di mantenere la specie umana e le complesse forme non umane di vita che si sono sviluppate in miliardi di anni di evoluzione organica».

Come possiamo fermare questo declino? Fondando il potere non sulla sovranità popolare, ma sulla natura, in modo tale che ogni decisione ricerchi una nuova legittimazione su di un rinnovato rapporto di compenetrazione osmotica tra la natura e l’uomo. In fondo, l’uomo è, innanzitutto, un essere biologico che ha senso proprio nella sua relazione vitale con la natura. Aristotele diceva che l’uomo era un “animale politico”, perché si realizzava nel suo rapporto con la pòlis. Noi diciamo che l’uomo è un homo biologicus, che si realizza in una relazione di rispetto verso la natura. La natura non può più essere trattata come un contenitore inesauribile di beni che l’uomo sfrutta anche oltre le proprie esigenze normali. C’è, quindi, bisogno di un inedito “contratto naturale”, come lo ha definito Michel Serres, che ridefinisca il nostro rapporto con la Terra e con le sue delicatissime creature, a cominciare dagli alberi.

Gregory Bateson ci invita a «pensare come pensa la natura». Dobbiamo inchinarci alla terza legge dell’ecologia secondo cui «Nature knows the best», come ammonisce Barry Commoner. Ha scritto Hans Jonas: ”Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra”, oppure, tradotto in negativo: “Agisci in modo che le conseguenze della tua azione non distruggano la possibilità futura di tale vita”, oppure, semplicemente: “Non mettere in pericolo le condizioni della sopravvivenza indefinita dell’umanità sulla terra”, o ancora, tradotto nuovamente in positivo: “Includi nella tua scelta attuale l’integrità futura dell’uomo come oggetto della tua volontà».

In fondo, prima del potere degli uomini viene il potere della natura. Prima delle leggi degli uomini vengono le leggi della natura. Come hanno dimostrato Max Planck e Albert Einstein, le nostre leggi scientifiche scoprono e descrivono i fenomeni naturali, non ci creano.

Il potere serve a stabilire un ordine sociale. L’ordine naturale poggia, dal canto suo, su princìpi di giustizia reale. La natura ha proprie leggi che, in qualche modo, potremmo ascrivere ad una concezione biologica di giustizia, declinabile come equilibrio e armonia. È ben vero, come ci ha insegnato Giacomo Leopardi, che la natura sa essere “matrigna”.

Ma ancor più crudeli siamo noi, esseri umani, quando deprediamo il nostro pianeta sentendoci onnipotenti, quando – moderni e grotteschi prometei – ci illudiamo di controllare i rischi delle nostre azioni, come ha denunciato Günther Anders.

Gli alberi ci sussurrano, attraverso le loro vivaci chiome scosse dal vento, che, come dice un vecchio adagio indiano, la terra che noi viviamo non l’abbiamo ricevuta in eredità dai nostri padri, ma in prestito dai nostri figli. Ascoltiamo umilmente queste parole di amore per un futuro meno incerto.

Ho evocato nel testo alcuni tra gli scritti più significativi dell’ecologismo contemporaneo, in ordine di apparizione:
M. Bookchin, L’ecologia della libertà, Milano, Elèuthera, 2017;
M. Serres, Il contratto naturale, Milano, Feltrinelli, 1991;
G. Bateson, Mente e natura, un’unità necessaria, Milano, Adelphi, 1984; B. Commoner, Il cerchio da chiudere, Milano, Garzanti, 1972;
H. Jonas, Il principio responsabilità, Torino, Einaudi, 1990;
G. Anders, L’uomo è antiquato.
Ho esposto la mia tesi in:
Q. Camerlengo, Natura e potere, Milano, Mimesis, 2020.
E, infine, non si può non citare:
L. Ferrajoli, Perchè una Costituzione della Terra?, Torino, Giappichelli, 2021.


Quirino Camerlengo

È professore ordinario di Diritto costituzionale, afferente al Dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell’Università degli Studi di Pavia. Insegna Costituzione economica, Diritto dell’economia e Diritto pubblico e dell’economia. È autore di monografie e numerose pubblicazioni su vari temi di Diritto costituzionale. Dal 2007 al 2011 è stato assistente di studio alla Corte costituzionale.


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