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Piccolo diario di Lampedusa | Qui dove finisce l’Europa, o dove comincia (1)

 

“Un libro è un labirinto e un deserto, e la vera poesia vive tra l’abisso e la sventura, dove passa la strada dei gesti gratuiti, dell’eleganza degli occhi e della sorte. Perché davvero leggere non è più comodo che scrivere. E leggendo si impara a dubitare e a ricordare. E la memoria è l’amore”.

Roberto Bolaño

21 aprile 2016
Questo viaggio comincia con un abbraccio. Faccio scalo all’aeroporto di Palermo, sulla rotta di Lampedusa. All’uscita c’è una gran folla, le autorità, il sindaco. Aspettano il Presidente, dice qualcuno, ma pochi passi dietro di me, a comparire, è invece una coppia africana. Si muove lenta, quasi timida. Lui ha i capelli bianchi e il viso secco, lei è più piccola. Indossano vestiti tradizionali, stuole azzurre, copricapi. Sono i genitori di un ragazzo del Gambia che all’inizio del mese è stato ferito in una sparatoria vicino alla stazione di Palermo, nel rione Ballarò, mi dice un signore.
Mi collego al wi-fi dell’aeroporto e cerco in rete. Il ragazzo si chiama Yusupa Susso. È arrivato a Palermo tre anni fa. Su una barca, minorenne, attraversando l’Africa del Nord, dopo aver lavorato in Libia. Muratore, minatore, cuoco, falegname. E cantante. Classe 1975. Sembra sia molto conosciuto e attivo nella sua comunità. Fa anche parte di una squadra di calcio, Life and life, con cui stava disputando le Amichevoli per la Legalità a Monreale.
Il 2 aprile Yusupa era con un connazionale a via Fiume. I due passeggiavano. Sembra che un giovane palermitano lo abbia urtato con il motorino e ne sia nata una discussione. Ma altre fonti dicono che i due erano stati presi di mira. Provocati, offesi. Perché qualche giorno prima Yusupa era intervenuto a difendere un altro gambiano mettendo in fuga un gruppetto di palermitani. Un gruppetto che non glielo aveva perdonato. La sequenza è veloce e drammatica. Qualcuno estrae una pistola, mira alla testa di Yusupa e spara. Poi risale via Maqueda stringendo l’arma in pugno. Le telecamere lo riprendono. Si saprà dopo che si tratta di un pregiudicato di 28 anni. Yusupa resta a terra. Un proiettile gli ha attraversato la regione occipitale del cranio e per qualche giorno i medici lo tengono in coma farmacologico.
Ma stasera, soltanto venti giorni dopo la sparatoria, Yusupa è miracolosamente in piedi, accanto al sindaco di Palermo, ad accogliere i suoi genitori. Il Comune si è occupato del loro viaggio, su proposta di un atleta palermitano olimpionico, Rachid Berradi.
Li vedo venire fuori dal tunnel d’uscita. Il figlio si tocca la giacca scura. La coppia avanza, lo riconosce, va verso di lui. Il padre sembra un mastro Geppetto d’ebano. La madre gli resta al fianco, composta, nel suo bel vestito rosso. Poi il vecchio crolla. Le lunghe mani nere si mettono a treamare, scoppia a piangere. E i tre finalmente si abbracciano, mentre decine di telefonini li fotografano. È un abbraccio antico, pieno di commozione e di vergogna. Tra gente che ritorna da un continente, da un ospedale, da uno scampato pericolo. Nella mia infanzia l’ho già visto, e lo riconosco. Mi allontano.
Sì, questo viaggio non poteva che cominciare così, con questa cerimonia. Come il primo capitolo di un libro degli abbracci.
L’aereo di Lampedusa ha posto per 50 passeggeri. Ce ne sono due al giorno, come i collegamenti in nave da Porto Empedocle. In volo balla un poco, per il vento. Il mare, nel buio, ha come dei tatuaggi bianchi. Sono le nuvole. Improvvisamente la luna, piena, illumina l’orizzonte. L’aereo atterra alle ventuno in punto, che nemmeno in Svizzera. A poche centinaia di metri da Punta Sottile, il punto più a sud d’Europa.
Mi accoglie Anna, la professoressa che ha organizzato gli incontri e che mi seguirà in questo fine settimana. Il marito si chiama come me, è un istruttore di educazione fisica, ci facciamo subito simpatia. Vivono qui da più di dieci anni. Salgo in macchina e mi conducono al B&b che mi ospita. Conosco Paola e Melo. Il cane che vive qui intorno e che si chiama Duecalzini perché ha due zampe bordate di bianco. E un gatto grigio di nome Gattotopo, che mi viene a salutare.
La casa è piena di libri. In una cornice bianca, su un tavolino, c’è un disegno del Piccolo Principe che dà la mano a un bambino eritreo su un’isola che ha la forma di Lampedusa, mentre una tartaruga tira fuori la testa dal mare e li osserva. Ci sediamo a tavola. Spaghettini con brodo di cernia, e poi triglie fritte. Alla fine, estratti vari, di zenzero, di finocchio. Non ci vuole molto per entrare in confidenza. Tra un piatto e l’altro cominciano i primi racconti. Di chi è passato da questa casa. Della biblioteca di Lampedusa e di come la tengono aperta. Della curiosità inopportuna di chi va a vedere gli sbarchi dei migranti dalla parte alta della banchina per fotografarli. Del modo dei volontari, invece, di accoglierli, quando arrivano. Toccarli, dargli il benvenuto, offrirgli un tè caldo, accompagnarli fuori dal mare.
Vado a letto. Non sentivo il mare così vicino da quando ho dormito alla Bahia di Tutti i Santi, nella città di Jorge Amado. E ho l’impressione che Salvador e Lampedusa siano sullo stesso parallelo.

(continua)


Fabio Stassi

Di origini arbëreshë della Sicilia, vive a Viterbo e lavora a Roma presso la Biblioteca di Studi Orientali della Sapienza. Scrive viaggiando in treno fra Viterbo, Orte e Roma. I suoi libri: con Sellerio "L’ultimo ballo di Charlot", tradotto in diciannove lingue (2012, Premio Selezione Campiello 2013, Premio Sciascia Racalmare, Premio Caffè Corretto Città di Cave, Premio Alassio Centolibri); "Come un respiro interrotto" (2014); un contributo nell’antologia "Articolo 1. Racconti sul lavoro" (2009); "Fumisteria" (2015, già Premio Vittorini per il miglior esordio); "La lettrice scomparsa" (2016, Premio Scerbanenco); "Angelica e le comete" (2017); "Ogni coincidenza ha un'anima" (2018). Ha inoltre curato l’edizione italiana di "Curarsi con i libri. Rimedi letterari per ogni malanno" (2013) e "Crescere con i libri. Rimedi letterari per mantenere i bambini sani, saggi e felici" (2017). E inoltre, "È finito il nostro carnevale" (Minimum Fax); "La rivincita di Capablanca" (2008); "Holden, Lolita, Zivago e gli altri. Piccola enciclopedia dei personaggi letterari" (Minimum Fax, 2010); "La leggenda di Zumbi l'immortale" (graphic novel per Sinnos ed., 2015); "Il libro dei personaggi letterari. Dal dopoguerra a oggi" (Minimum Fax, 2015); "L'alfabeto di Zoe" (Bompiani, 2016, Premio Giovanni Arpino 2017). Ha collaborato con vari quotidiani e riviste.


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