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Video integrale dell'incontro con Daniele Aristarco e Martino Negri

Leggere per crescere: incontro con Daniele Aristarco e Martino Negri | Video

Di galline e boschi, labirinti e semi, bambini ed epidemie. Uno storico e un giardiniere ci raccontano le loro storie.

Il 18 giugno si è tenuto il primo incontro pensato e voluto da IBBY Italia che, come ha ricordato Della Passarelli introducendolo, vuole proporre momenti di formazione e confronto per e tra i suoi soci, per chi ha scelto di impegnarsi nella promozione della letteratura di qualità e nella promozione della lettura, quale pratica condivisa per la crescita di ragione e sentimento, raggiungendo tutti e ovunque, facendo rete e lavorando tra adulti tenaci e consapevoli. Ospiti del primo incontro Daniele Aristarco (autore di romanzi e saggi, testi per il teatro, la radio e la televisione, insegnante in passato) e Martino Negri (ricercatore presso l’Università degli Studi Milano-Bicocca, dove insegna Didattica della letteratura e Letteratura per l’infanzia), ai quali abbiamo chiesto di raccontarci la loro esperienza in questi mesi di relazione a distanza con i bambini, i ragazzi e gli studenti.

Una delle domande più frequenti alle quali viene posto di fronte Daniele Aristarco è: “come mai hai scritto questo libro? proprio questo?” che in questo periodo di emergenza si affiancava a “perché non scrivi un libro sul Covid?”. In qualche modo ci veniva chiesto “a cosa serve la letteratura?”, dice Daniele e “in questo momento può essere utile?”, cioè come potevamo raccontare loro cosa fosse questo virus e perché avesse cambiato così tanto le nostre vite. Per cercare una prima soluzione ci si è rivolti alla rete, aggirando il problema, non avendo gli elementi per accogliere i bambini e i ragazzi in un discorso adatto a loro. Ponendosi in dialogo, è emerso che gli adulti, per lo più, hanno vissuto questo momento come una parentesi, come un momento difficile da chiudere il prima possibile, sperando di non accumulare troppi danni. Mentre per i bambini, soprattutto i piccoli, al di là della fatica, questa esperienza ha avuto una propria dignità, l’hanno affrontata con un buona disposizione nel raccontarsi, l’hanno vissuta con energia, in molti casi hanno tenuto in piedi il gioco familiare. Ma ci sono stati anche quelli che hanno pagato un prezzo molto alto.

In questo tempo sono emerse in maniera evidente le disparità, le differenze sociali e, quindi, le diverse possibilità. Se ci sono stati bambini e ragazzi che hanno potuto continuare a fare scuola e, avendo più tempo, leggere tanto e tanti libri diversi, altri non hanno avuto questa occasione. La didattica a distanza che entrava nelle case è stata anche una connessione violenta, un entrare in contatto con quella cosa che Victor Hugo definiva “la cosa senza nome”, la povertà. In una sua libera reinterpretazione di “Covid si è fermato a Eboli”, Daniele Aristarco sottolinea che abbiamo in qualche modo avuto la misura di quella parte d’Italia che in quarantena ci vive da sempre e chiede: “non la conoscevamo prima?”. E allora, se ci deve essere una ripartenza, che sia riformulazione anche dello stato sociale, per provare a portare equità e possibilità diffuse. Non è certo ambito e compito della sola scuola, anzi… ma dalla scuola si può trovare un punto di osservazione importante e profondo.

Dalla scuola è arrivato un altro grande dato, un altro sentire forte. La scuola “senza corpo” ha affermato in maniera potente quanto il contatto fisico, l’incontro dei corpi, sia essenziale per la conoscenza ed il riconoscimento di noi stessi in relazione con l’altro e con l’ambiente che ci circonda. E’ emerso fortemente in questo tempo che ci ha costretto nelle nostre case, trasformandole quasi in un labirinto, nel quale cercare il centro, istinto primario per gli adulti che tendono ad andare dentro sé per comprendere, o di uscirne quanto prima, pulsione immediata per i bambini che, cercando l’uscita, hanno in qualche modo immaginato nuovi futuri possibili.

“Abbracciare senza abbracciare” è una delle cose che più dispiacciono o forse spaventano i bambini: dobbiamo ragionare a fondo sui modi che si stanno progettando per stare a scuola. E’ pericoloso se la distanza diventa la regola, bisogna pensare a regole umane, vere, confrontandoci con i bambini e le loro necessità, esorta Aristarco. Magari ascoltando il loro desiderio di fare scuola anche all’aperto, nelle camminate, nelle passeggiate, ricordando Platone, Aristotele, Rousseau, Thoreau. Attraverso il corpo, la mente gioca e impara. E ancora, se c’è un tema che ha riunito i “nativi digitali” e gli “immigrati digitali”, ovvero ragazzi e adulti, è stata l’esposizione ad un’enorme mole di informazioni dalla rete. Per non rimanere storditi dalla sovrabbondanza comunicativa, è fondamentale un uso consapevole dei dati, capacità di discernimento e di selezione.

Dallo scambio di racconti e ragionamento con i ragazzi, Daniele Aristarco suggerisce quale potrebbe essere il mestiere del futuro, quello dello storico. Cita Tucidide, che raccontò la peste ad Atene e Daniel Defoe, che nel suo “Diario dell’anno della peste” racconta (in finzione letteraria, ma supportata da documenti e dati storici) la peste nella Londra del 1665, due testi che raccontano fatti, per aiutare a riconoscere i sintomi, per capire in tempo.

E perché, invece, in questo tempo di Covid in molti siamo andati a leggere o rileggere “La peste” di Albert Camus, opera di pura finzione letteraria, che certo non infonde fiducia e speranza? Forse per ciò che risponde alla domanda “c’è qualcosa che possiamo fare, per arginare questo orrore, qualcosa che abbia senso?” Bernard Rieux, il medico protagonista del libro: “la decenza, che nel mio caso consiste nel fare il mio lavoro”. E allora, se spesso nelle scuole ci viene chiesto di raccontare “storie-medicine”, ad Aristarco sarebbe piaciuto vedere utilizzare meno le fiabe e più Gianni Rodari ed il suo binomio fantastico, attraverso la pratica dell’immaginare e dell’inventare, per provare a figurare Sisifo felice nella lotta verso la cima, trovando coraggio nella comune fatica.

opera di Viola Di Massimo

opera di Marisa Merlin

Martino Negri ha proseguito il ragionamento, partendo dal tema del tempo, affrontato anche da Aristarco in termini di mancata routine, che è il modo che l’Uomo ha per dare misura al tempo “mancando di un organo interno” in grado di farlo, secondo Thomas Mann. Attraverso la propria esperienza personale, Martino Negri ci ha fatto riflettere sulla oggettiva disparità sul come, dove e con chi sia stata vissuta la quotidianità, la routine, se vogliamo, in questo tempo di Covid. La sua scelta lo ho portato a sperimentare una ritrovata vita comunitaria in un contesto familiare allargato, di nuovo a contatto ravvicinato con la Natura: bello e faticoso al tempo stesso. Ciascuno è stato “messo di fronte all’osso della propria esistenza e delle proprie relazioni”. Dice Martino Negri, che poter uscire dalla città, stare vicino ai boschi e avere un pezzetto di cielo al quale volgere lo sguardo, consente di rendersi conto in maniera potente quanto questo sia vitale e quanto sia differente dover vivere in una casa, grande o piccola, che non permette allargamento di vista e visione. Io aggiungo che, nel ripensare le nostre città e gli spazi comuni, si dovrebbero creare le condizioni per garantire questa possibilità a tutti, farne diritto insomma.

Ritornando al tema “tempo”, l’interruzione forzata di tutte le attività all’inizio della quarantena è stata occasione per ritrovare tanto tempo da dedicare ai libri e alla lettura ad alta voce, pratica di tempo condiviso, intimo e “animalesco”, che mette vicini i corpi e i sensi, l’ascolto prima di tutto. Ed è così che l’hobby preferito di un bambino di nove anni diventa leggere, partendo da un classico, “Matilde” di Roald Dahl, facendosi appassionare dalle avventure di una bambina, in barba a tutti gli stereotipi. Solo una timida manifestazione, un germoglio di un seme piantato in anni di pratica di lettura a voce alta. Da questo, Martino Negri cita un articolo del marzo scorso di Franco Lorenzoni, che invita “a piantare semi con i nostri figli” per far fruttare il tempo dilatato nel senso dell’invenzione, per provare a rendere il tempo goduto e non solo organizzato.

E poi, Martino ci racconta l’esperienza della didattica a distanza con i suoi alunni che saranno le future maestre e i futuri maestri. La didattica a distanza è stata espressa in modo diverso, a seconda degli insegnanti che l’hanno agita, proiezione del loro fare a scuola. Per Martino Negri ha significato organizzare le lezioni in streaming, per non perdere il contatto ed il confronto, per quanto sospeso e immaginato. Una scelta impegnativa e faticosa: ore e ore davanti allo schermo non è certo condizione ideale, rivolgendosi agli “egregi invisibili”, così Martino salutava i suoi studenti, citando Walter Benjamin, ma è stato un modo per esserci, sostituendo la presenza. Trovare modi e tempi per dare risposte alle domande, che fosse durante la lezione o rimandando a quella successiva, ha permesso di mantenere la relazione ed il filo del discorso.

Questa modalità di didattica a distanza, comunque in presenza, da un lato ha permesso la partecipazione ad un numero maggiore di studenti, quasi il doppio. Dall’altro, ha messo in luce ulteriori disparità e fatiche, ad esempio per gli studenti che abitano in zone dove le infrastrutture tecnologiche necessarie ad una buona connessione sono assenti. Ha compensato, in qualche modo, il grande lavoro di allestimento di un apparato di testi predisposti ad hoc. Altra azione che ha richiesto grande fatica, sottolineando ancora una volta quanto il tempo e la voglia di leggere, tanti e diversi testi, sia una grande risorsa. Insomma, ci vuol dire Martino, l’interruzione della routine insieme all’occasione di annoiarsi (un po’) ha portato verso un viaggio di parole e immagini, sperimentando immaginazione e invenzione. Concludendo, anche Martino ha un suggerimento per il futuro mestiere ideale, quello del giardiniere. Perché, se forse si può vivere (seppur malamente, barbaramente, citando il film “Mad Max”) senza storia, non si può vivere senza semi e senza piante, dedicando loro tempo e cura.

E allora, perché non un giardiniere-storico o uno storico-giardiniere? chiede, ricomponendo discorsi e proposte, Della Passarelli. Entrambi i mestieri sono essenziali per poter condurre una vita buona e giusta, consapevole e attenta. Entrambi insegnano ad esercitare la pazienza e l’avere cura, aspettare che cresca quanto si è seminato (piante o storie che siano) e riconoscere i sintomi, tanto necessario per salvare le piante dai parassiti, così come per la politica, che dallo studio della Storia impara a difendersi. Mi viene in mente John Le Carrè, che nel suo “Il Giardiniere Tenace” con una potente metafora mette in relazione la cura apparentemente formale di un giardino con quella impegnata e assoluta per la ricerca della verità e della giustizia.

Cura, tenacia, pazienza, impegno, immaginazione, tempo. Queste alcune delle parole che ancora circolano nella mente dopo l’incontro; a me fanno venire in mente Jella Lepman e le sue grandi imprese. E’ stato un bell’inizio, il primo di questi incontri che IBBY Italia vuole offrire ai propri soci. Ci sono molti e importanti motivi per associarsi a IBBY, ci auguriamo che questi incontri possano offrirne uno in più!

Daniele Aristarco e Martino Negri sono stati così generosi da lasciarci anche i loro consigli di lettura per l’estate. Anche Della Passarelli ha condiviso alcuni titoli. Perché è vero, come dice Martino, che “l’incontro tra un testo e un lettore, ha variabili infinite” e si fa fatica a “dare consigli”, ma noi sappiamo per esperienza che questa pratica può diventare occasione per conversazioni brillantissime e volàno per costruzione di biblioteche infinite e soprattutto condivise. E quindi, grazie di cuore per i loro “Consigli di lettura per l’estate“. Eccoli:


Martino Negri
Per i più piccoli
• Florence Parry Heide, Sergio Ruzzier, Storie per bambini perfetti
• Florence Parry Heide, Sylvia Worth Van Clief, Sergio Ruzzier, Favole a cui non badare troppo

Per i ragazzi
• Lynda Mullaly Hunt, Una per i Murphy
• Annelise Heurtier, L’età dei sogni
• Daniele Aristarco, Lettere ad una dodicenne sul fascismo di ieri e di oggi

Per i grandi
• Haruki Murakami, Kafka sulla spiaggia
• Mark Z. Danielewski, Casa di foglie
• Giuseppe Pontremoli, Elogio delle azioni spregevoli


Daniele Aristarco
Per i grandi (con una citazione da Emil Cioran: “Non ha senso parlare di libri che non si è riletti”)
• Thomas Mann, La montagna incantata
• Robert Musil, L’uomo senza qualità

Dai 10 ai 10 volte dieci anni
• Adalbert von Chamisso, Storia straordinaria di Peter Schlemihl


Della Passarelli

• Maryanne Wolf, Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge
• Maryanne Wolf, Lettore, vieni a casa. Il cervello che legge in un mondo digitale
• Katherine Rundell, Perché dovresti leggere libri per ragazzi anche se sei vecchio e saggio


Chiara Pinton

Si occupa da molti anni di letteratura per ragazzi e promozione della lettura, laboratori d’arte ed eventi culturali con la presenza di autori e illustratori; collabora con scuole, librerie, biblioteche e associazioni culturali. Affianca alla passione per la letteratura quella per l'arte ed il cinema; ultimamente sta sperimentando percorsi comuni tra libri e film, affiancando narrazione e immagini per attivare la riflessione ed il confronto attraverso linguaggi diversi. Socia Ibby Italia e membro del consiglio direttivo, è tra le fondatrici di "MiLEGGI. Diritti ad alta voce", capofila del progetto BILL Biblioteca della Legalità a Padova per il Veneto. Ha lavorato per oltre 20 anni nell'ambito del marketing e comunicazione aziendale.


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