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Oltre lo schermo, Scosse in classe per educare alle differenze

Quando IBBY Italia ci ha chiesto di raccontare questa nuova avventura di “Scosse in classe” (1) (Settenove, 2021), le scuole resistevano in gran parte d’Italia, aperte, da circa sei mesi e con fatica ci stavamo abituando alla nuova situazione fatta di mascherine, distanza di sicurezza, “gruppi bolla”. La buona notizia, però, era che la scuola, appunto, resisteva, era aperta e ricostruiva piano piano relazioni, legami, abitudini per tutte le persone che la frequentano.

In pochi giorni la situazione è cambiata radicalmente, di nuovo siamo in balia della didattica a distanza, di nuovo chiusə (2) in casa, non sappiamo per quanto tempo e tutto, di nuovo, si risolve filtrato da uno schermo: i corpi, che ci sono, ma sono lontani; le relazioni, che si giocano su questo terreno fragile della lontananza; gli sguardi, che online danno molto meno di quanto potrebbero e vorrebbero.

Durante il primo periodo di chiusura di tutta la nostra vita educativa e sociale, esattamente un anno fa, noi formatrici e ricercatrici di Scosse ci siamo trovate (come del resto tutto il mondo), tagliate completamente fuori dalla nostra quotidianità, che è fatta di lunghe assemblee e discussioni, letture solitarie ma, soprattutto, di classi, di docenti, di formazioni, sedute su sedie pensate per persone molto più piccole di noi, in cerchio scambiando libri, esperienze, competenze e narrazioni.

Questo spaesamento, inspiegabile e molto faticoso, ci ha inizialmente paralizzato. In un delirio di opinioni, teorie e consigli non richiesti, non abbiamo voluto prendere parola in modo contundente. Abbiamo avuto bisogno di tempo. Abbiamo dovuto fare pace con gli schermi, le connessioni scarse, la lontananza, l’impossibilità di programmare. Ma anche, con gli spazi improvvisamente diventati piccoli e claustrofobici, con le relazioni, proprio quelle più intime, messe a dura prova dalla convivenza forzata e dall’incertezza del futuro, con le nostre paure, che sembravano essersi risvegliate tutte insieme. Abbiamo dovuto reinventarci, come femministe, come persone, come lavoratrici.

Durante quei lunghissimi mesi di silenzio abbiamo, infine, deciso di lavorare sul futuro. Ciò che portiamo a scuola sono cortocircuiti, questionamenti, decostruzione di norme e stereotipi. Sono anche albi illustrati, ragionamenti attorno ai modi di rappresentare certe realtà e certe situazioni, visibilizzazioni di collettivi o persone che, solitamente, non trovano spazio per raccontare chi sono e come vogliono vivere la propria vita. Quando entriamo in una scuola o in una comunità educativa per una formazione o per un ciclo di laboratori in classe, ci immaginiamo di fornire alfabeti e strumenti per costruire poco a poco una scuola senza sessismo, un tempo e un luogo dove ogni identità trovi casa, una cultura e un pensiero comune che ci insegnino prima di tutto il rispetto per le altre persone, il rifiuto di qualunque espressione di odio, sia questo di genere, razziale, omotransfobico, politico, culturale. Vorremmo, e questa è la sostanza del nostro lavoro, che tutte le persone che entrano a scuola potessero essere ciò che sentono, finalmente liberate dalla pressione familiare, culturale, sociale in cui sono (e siamo) immerse quotidianamente.

Vorremo una scuola davvero aperta, che non giudichi e non censuri, in cui la prospettiva di genere permei ogni tipo di ragionamento, perché l’educazione alle differenze è, sostanzialmente, educazione al questionamento, alla complessità, al pensiero critico e consapevole.

Tutto questo con il lockdown si è ridotto, si è fatto piccolo e insignificante, mentre accanto a noi aumentavano i casi di violenze di genere, di maltrattamenti, di abbandono scolastico. Aumentavano le donne costrette a lasciare il lavoro perché sopraffatte dal lavoro di cura all’interno delle famiglie, le ragazze senza mezzi e competenze tecnologiche, famiglie con un solo telefono per la DAD di tuttə.

Da questo silenzio, dalla nostalgia di banchi e sedie troppo piccole per i nostri corpi, dall’esigenza di prendere parola di fronte a un ragionamento sulla scuola che sembra vedere solo la necessità di valutazione e di “finire il programma”, è nato “Scosse in classe“. 

Un quaderno operativo rivolto a quasi tutte le fasce di età del percorso formativo: nido, infanzia, primaria e secondaria di primo grado. Una raccolta di tracce, suggerimenti, brevi bibliografie di albi illustrati, che servano per realizzare attività o progettare percorsi più articolati, partendo dall’idea che la scuola, soprattutto oggi, deve pensare alle relazioni tra pari e tra persone adulte e bambinə, a ricostruire quei ponti sbriciolati dalla chiusura delle scuole, a riattivare dinamiche e meccanismi vitali per la crescita di persone libere e consapevoli.

Il quaderno è pensato per tematiche e propone attività diverse per ogni fascia di età, ma tutte rimodulabili e che si prestano a diversi livelli di lettura e approfondimento, in un percorso ideale, che parte dal sé e si apre ad una nuova prospettiva di pedagogia e insegnamento. 

Si parte dal capitolo sulla pandemia (3), cha abbiamo scelto di nominare espressamente, con l’idea di approfittare di questa circostanza per imparare a prendersi reciprocamente cura dei vissuti delle persone. Si passa, poi, al capitolo sulle “Relazioni, identità ed emozioni“, a quello sullo “Spazio“, per arrivare a parlare di “Corpi” e, nello specifico, di “Fammi capire” (4), per concludere con un capitolo esplicitamente dedicato all’”Educazione alle differenze“.


(Cristina Portolano, Io sono Mare, Canicola edizioni, 2018)

Con “Scosse in classe” abbiamo voluto parlare “a” e “di” persone che dentro alla scuola crescono, cambiano, costruiscono piano piano la propria identità, ciò che sono, ciò che vogliono e lo fanno grazie allo scambio con le altre persone che le circondano, grazie ai loro punti di vista, alle loro condivisioni, allo spazio che trovano nella narrazione collettiva.

Nella bellissima premessa che Alessandro Vaccarelli ci ha regalato si parla, appunto, di questo:

“Finalmente, da queste parti, si sente parlare di bambinә, di ragazzә, di persone che educano e si co-educano, nell’attesa di nuovi disvelamenti, nella speranza che nuovi e altri valori possano affermarsi (l’educazione di genere, che rischia di sprofondare nelle logiche emergenziali), nella scommessa su un mondo il cui cambiamento passa anche attraverso la bellezza della relazione educativa.”


(1) E. Fierli e S. Marini (a cura di), Scosse (2021), Scosse in classe, Cagli, Settenove
(2) Riportiamo qui la nota pubblicata in apertura del quaderno operativo sull’uso dello schwa:
“Nel volume abbiamo accolto l’uso del simbolo schwa (ә), appartenente all’alfabeto fonetico internazionale, per riferirci alle pluralità miste e alle identità di genere non binarie. L’uso dello schwa è stato recentemente riproposto e teorizzato da Vera Gheno, sociolinguista, docente universitaria e saggista, e si colloca come una possibile soluzione alla questione del linguaggio inclusivo nell’ambito del dibattito in corso”.
(3) Abbiamo scelto di mettere gratuitamente a disposizione questo primo capitolo del libro sul sito della casa editrice settenove.it e sul sito dell’associazione scosse.org, per offrire da subito un primo strumento nella fase critica della riapertura delle scuole.
(4) “Fammi capire” è un progetto di ricerca bibliografica, una mostra di libri e illustrazioni e un progetto di conversazioni a tema, realizzato dal 2016 dall’Associazione SCoSSE in collaborazione con la libreria Ottimomassimo di Roma, sulle rappresentazioni dei corpi e delle sessualità nei libri illustrati 0-18 anni.


S.Co.S.S.E - Soluzioni Comunicative Studi Servizi Editoriali

E' un’associazione di promozione sociale, nata nel 2011, che si occupa di educazione al genere e alle differenze a partire dalla primissima infanzia. Attraverso progetti, laboratori, eventi, contribuisce all’introduzione di un approccio di genere nelle scuole di ogni ordine e grado a partire dal nido: contrastare la formazione di logiche discriminanti e stereotipi, anche relativi ai ruoli di genere in famiglia, nella società e nelle professioni; prevenire e contrastare fenomeni di violenza e bullismo legati alle identità di genere e agli orientamenti sessuali; promuovere un’educazione che consenta di vivere la costruzione della propria identità come desiderio e non come destino.


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